La televisione i social network e i giornali ci hanno comunicato con molta enfasi la notizia del bimbo malato di leucemia deceduto perché i suoi fratelli non erano

stati vaccinati contro il morbillo. La notizia implicava come causa il non obbligo vaccinale: un bambino malato impossibilitato a vaccinarsi è a rischio di morte se coloro che lo circondano non si vaccinano, si ammalano e gli trasmettono la malattia. In sostanza questa morte sarebbe il prodotto di una mancanza fondamentale di solidarietà umana. La pressione mediatica per un evento così triste e duro, mi sembra innanzitutto sia andata sui due fratellini del povero bimbo e sulla famiglia, e mi domando quando potranno mai ristabilirsi di una sentenza senza processo realizzata a soli scopi politici. Ecco, pensando di far bene si distruggono le persone.

 Ma al di là della riflessione triste e banale sui nostri mezzi di comunicazione e suoi nostri politici mi sembra che il punto sia qui importante. La domanda che dobbiamo fare a noi stessi come società è di ordine morale. Cioè quale ampiezza deve avere la solidarietà sociale, fin dove deve dunque arrivare la nostra compassione verso l’altro, quanto dobbiamo dare a lui per poter vivere assieme? Nel caso della malattia, noi diamo ai malati la nostra solidarietà in forma di moneta. Pochissime famiglie sarebbero in grado di affrontare le cure necessarie per il trattamento della leucemia o di qualsiasi altra malattia grave. Negli Stati Uniti, unico paese da cui si possono avere dati attendibili risulta che una cura contro la leucemia costa 100.000 euro circa. Quindi noi siamo disponibili socialmente ad aiutare la famiglia in difficoltà per affrontare le cure del caso.

Ora il nostro Stato ci domanda un’ulteriore sforzo, non sui nostri soldi, no, lo fa sulla nostra salute. Lo Stato dice, vaccinatevi tutti così potremo limitare, ridurre o anche azzerare il rischio che malati immunodeficienti, impossibilitati a vaccinarsi, possano contrarre una qualsiasi malattia infettiva (affrontabile con un vaccino naturalmente). Ora, noi sappiamo con certezza statistica che circa 21.000 casi di effetti avversi alla vaccinazione sono stati segnalati negli ultimi 3 anni all’Agenzia Italiana del Farmaco. Di questi, circa 500 erano gravi e 5 persone sono morte. Ora il problema diventa chiaro. Lo Stato domanda a soggetti sani, in questo caso bambini, di mettere a rischio (anche se numericamente piccolo) la propria salute per proteggere soggetti molto malati e la cui partecipazione alla vita sociale è difficile se non impossibile a causa della malattia di cui sono affetti, almeno fino alla loro guarigione.  E il costo sociale dei 21.000 effetti secondari (ma aumenteranno con certezza con 12 o 13 vaccini obbligatori e almeno 50 applicazioni) sarebbe accettabile.

Io non discuto la spesa realizzata per trattare i malati. Quello che vorrei capire è perché mettere a rischio la propria salute, quando una adeguata politica di gestione di questi casi e informazioni precise potrebbero evitare davvero il caso di cui parliamo. Capirei se l’obbligo vaccinale fosse realizzato in caso di urgenza, di epidemia. Ma l’epidemia deve essere una vera epidemia, centinaia di migliaia di persone affette o perlomeno il rischio deve essere reale. Forse è soltanto convinzione personale, ma ritengo che con una adeguata politica di attenzione alle popolazioni questi effetti secondari dei vaccini si possano e si debbano limitare. Voglio soltanto dire che in un paese sviluppato come l'Italia, una attenta anamnesi e un accurato insieme di test dovrebbero essere in grado di scongiurare il rischio di un effetto secondario da vaccino. Ad esempio controllare i bambini per le allergie senza contentarsi di fare vaghe domande ai genitori (quando vengono poste), verificare la storia dei piccoli pazienti, analizzare attentamente lo stato di salute, dovrebbero tutte essere procedure obbligatorie, specialmente quando si tratta di eradicare una malattia epidemica e si chiede un potenziale sacrificio alla popolazione. Le politiche vaccinali invece sono stupide e brutali. Obblighi, coercizioni e poca attenzione. Eppure, se siamo capaci di spendere 100.000 euro per un malato di leucemia, perché non siamo in grado di spenderne 500 per verificare attentamente la tollerabilità al vaccino di un neonato? I sani non valgono quanto i malati? Cosa stiamo facendo della nostra specie? Invece di difendere le forze giovani e sane e di curarle con attenzione, approfittiamo della loro salute indifferenti al loro futuro? Nessuno sembra accorgersi della direzione contorta che certe politiche sanitarie possono comportare.