autore: Jerome Groopman
editore: Mondadori

Questo è un libro, a mio modesto avviso, molto interessante per tutti i pazienti ed i medici che vogliono capire come viene formato un medico alla medicina.

In realtà qui non si tratta del racconto del modo in cui un clinico scolasticamente affronta la malattia attraverso il cosiddetto "pattern recognition", cioè il riconoscimento di serie di sintomi che possono o meno determinare un'ipotesi diagnostica, eventualmente con l'ausilio delle tecniche analitiche, ma piuttosto di comprendere in quale segreto recesso della mente del medico possa essere nascosto il processo mentale che lo porta a sbagliare una diagnosi.
L'autore, nel motivare la ragione della scrittura del libro, uscito nel 2007 negli USA e recentemente pubblicato da Mondadori, spiega a chiare lettere che uno degli scopi è quello di rispondere all'incremento sempre maggiore di cause legali contro i medici, mediante una trattazione anche semplice, del significato di incertezza in medicina.
Groopman analizza e riconosce con semplicità, e gliene siamo grati, che esistono diverse condizioni estrinseche ed intrinseche che possono portare il medico all'errore. Non è soltanto una questione di tempi ristretti che la gestione economica della salute impone (ad esempio la limitazione a 10-15 minuti di una visita di medicina generale) oppure dell'influenza del marketing farmaceutico, ma si tratta anche di errori cognitivi del medico legati alla relazione con il suo paziente, al linguaggio del paziente, al tentativo della mente del medico "che cerca soddisfazione", quando una serie di elementi del paziente non quadrano, di comunque orientarsi ad una diagnosi, rischiando di tralasciare aspetti anche solo apparentemente marginali, ma che potrebbero essere segnali che forse c'è altro sotto....
Groopmann sottolinea anche molto bene la tendenza di molti medici americani (ma succede anche in Italia), di affidarsi all'utilizzo intensivo di indagine biochimiche o fisiche (Raggi, TAC), per avere da questi strumenti, non una conferma ad una ipotesi clinica, ma piuttosto una indicazione diagnostica. Con la conseguenza che il grado di rischio e di incertezza aumenta. Oppure di chirurghi che non riuscendo a realizzare una diagnosi, suggeriscono di aprire per vedere, inventando patologie verosimili.
Nello schema diagnostico e terapeutico convenzionale, il paziente incontra prima il medico generico che dovrebbe realizzare un'anamnesi completa ed emettere una diagnosi, di seguito se necessario orienta il paziente verso lo specialista. Questo schema, è un'importante punto di riflessione di Groopman. Di fatto, la medicina generale è quella che deve avere il maggior grado di competenze per poter poi orientare alla specialistica. Groopman citando il libro del dr. Eric J. Cassels (1)  sulla natura della medicina ambulatoriale, chiarisce un punto molto importante: si crede che, poiché la malattia va da caso semplice a quello più difficile, lo specialista dovrebbe saper risolvere il caso più semplice, poiché ha una conoscenza approfondita (specialistica), della sua materia.  In realtà, dice Cassels, la cosa più difficile in un caso è decidere se è complesso oppure semplice, è questo il compito più arduo della medicina generale, che così facendo semplifica l'esecuzione dello specialista! E questa decisione è davvero del ruolo del medico generico, perché, contrariamente alla credenza che i medici si occupano di malattie, in realtà il medico si occupa delle persone! Ci sembra di sentire un omeopata!
Per migliorare le sue capacità e orientarlo verso la "giusta" diagnosi, Groopman suggerisce al medico di tenere aperta la mente ed evitare di influenzare le risposte del paziente, cercando di farlo parlare il più a lungo possibile. Per esempio ci racconta che è stato calcolato che un medico, in USA, interrompe il paziente ogni 18 secondi. Queste continue interruzioni possono fare modificare il racconto al paziente e far perdere al medico informazioni importanti. D'altro canto suggerisce al paziente di stimolare il medico a pensare anche ad alternative alla sua diagnosi, ponendogli domande generali in modo da fargli ripensare il caso.
Infine, nella conclusione del libro, Groopman riconosce che, nella sua incessante ricerca di miglioramento, cercando le sorgenti del sapere medico attraverso giornali, riviste e dialoghi con mentori e colleghi, si è accorto, alla fine della stesura del libro, che il vero e l'unico partner con il quale può migliorare la sua riflessione, che può proteggerlo da una cascata di errori cognitivi è soltanto il suo paziente.
Relazione con il paziente o i suoi familiari, mente allargata del medico che deve poter indagare sulla persona nella sua interezza, anamnesi approfondita prima di emettere una qualsivoglia diagnosi, cura della persona e non della malattia, sembra, dopo 2 secoli, di sentire le parole di S. Hahnemann. Alla medicina accademica manca soltanto, ora, trovare una ricerca ed un insegnamento consistenti con questa necessità della Medicina, di curare la persona umana!
Il libro è piacevole da leggere perché di fatto si tratta di racconti di casi di pazienti e di medici in cui la terminologia medica viene ridotta al minimo e diventa quindi facilmente leggibile da tutti.

Vincenzo Rocco

How doctors think, come pensano i dottori
Jerome Groopman, MD
Mariner Books
Ed italiana: Mondadori

(1) Dr. Eric Cassel . Doctoring: the Nature of Primary Care Medicine